19 settembre 2007

Il nome della rosa


Edito per la prima volta nel 1980 e vincitore del Premio Strega nell'anno seguente, "Il nome della rosa" è sicuramente il miglior romanzo di Umberto Eco.

Il
film che ne è stato tratto (di Jean-Jacques Annaud con Sean Connery) è ben realizzato, ma taglia/riassume troppe cose: se si volesse farne un film totalmente fedele verrebbe fuori una cosa lunga almeno 10 ore. Anche così comunque non renderebbe giustizia al libro: "Il nome della rosa" è fatto per essere letto. Punto.
Capolavoro di narrativa e di semiotica (della quale, tanto per la cronaca, ho finalmente passato l'esame giusto ieri con 27), il libro ha diversi piani di lettura incassati uno nell'altro, come "I Promessi Sposi" di Manzoni. Si apre infatti con Eco che ci racconta di aver trovato un antico manoscritto, tradotto e ritradotto più volte, scritto in origine dal novizio benedettino Adso da Melk, il quale alla fine della sua vita decide di registrare le sue memorie, raccontando di ciò che accadde in quei 7 giorni in cui lui e l'allora suo maestro Guglielmo da Baskerville soggiornarono in una misteriosa abbazia del Nord Italia.
Nello stile narrativo e nella caratterizzazione dei personaggi Eco rende omaggio ai personaggi più famosi di Sir Arthur Conan Doyle: Sherlock Holmes e il suo aiutante Watson. D'altronde, come dice Eco stesso (che mica per niente è ordinario di semiotica all'Università di Bologna) "i libri si parlano tra di loro".

Come racconta Teresa De Lauretis nella prefazione che precede il romanzo vero e proprio (almeno nella versione che ho io, ovvero quella della collana Bompiani dedicata ai premi strega), giorno dopo giorno i due protagonisti crederanno di aver trovato il disegno che lega i misteri dell'abbazia, salvo poi doversi ricredere proprio all'ultimo, con Guglielmo che annuncia "Non v'era una trama, e io l'ho scoperta per sbaglio". Proprio come il lector in fabula della semiotica di Eco (e più in generale l'essere umano), il personaggio vede dunque visto un ordine dove in realtà non c'era, ponendo relazioni tra segni e cose che portano però a un fine storico e umano, non divino.

Un libro consigliatissimo a tutti quindi e, almeno secondo me, uno dei migliori romanzi mai scritti.

Nessun commento: