30 ottobre 2008

Come volevasi dimostrare


Riporto l'articolo comparso oggi su Repubblica, scritto da Curzio Maltese.

Quel camion pieno di spranghe

Aveva l´aria di una mattina tranquilla nel centro di Roma. Nulla a che vedere con gli anni Settanta. Negozi aperti, comitive di turisti, il mercatino di Campo de´ Fiori colmo di gente. Certo, c´era la manifestazione degli studenti a bloccare il traffico.

«Ma ormai siamo abituati, va avanti da due settimane» sospira un vigile. Alle 11 si sentono le urla, in pochi minuti un´onda di ragazzini in fuga da Piazza Navona invade le bancarelle di Campo de´ Fiori. Sono piccoli, quattordici anni al massimo, spaventati, paonazzi. Davanti al Senato è partita la prima carica degli studenti di destra. Sono arrivati con un camion carico di spranghe e bastoni, misteriosamente ignorato dai cordoni di polizia. Si sono messi alla testa del corteo, menando cinghiate e bastonate intorno. Circondano un ragazzino di tredici o quattordici anni e lo riempiono di mazzate. La polizia, a due passi, non si muove.

Sono una sessantina, hanno caschi e passamontagna, lunghi e grossi bastoni, spesso manici di picconi, ricoperti di adesivo nero e avvolti nei tricolori. Urlano «Duce, duce». «La scuola è bonificata». Dicono di essere studenti del Blocco Studentesco, un piccolo movimento di destra. Hanno fra i venti e i trent´anni, ma quello che ha l´aria di essere il capo è uno sulla quarantina, con un berretto da baseball. Sono ben organizzati, da gruppo paramilitare, attaccano a ondate. Un´altra carica colpisce un gruppo di liceali del Virgilio, del liceo artistico De Chirico e dell´università di Roma Tre. Un ragazzino di un istituto tecnico, Alessandro, viene colpito alla testa, cade e gli tirano calci. «Basta, basta, andiamo dalla polizia!» dicono le professoresse.

Seguo il drappello che si dirige davanti al Senato e incontra il funzionario capo. «Non potete stare fermi mentre picchiano i miei studenti!» protesta una signora coi capelli bianchi. Una studentessa alza la voce: «E ditelo che li proteggete, che volete gli scontri!». Il funzionario urla: «Impara l´educazione, bambina!». La professoressa incalza: «Fate il vostro mestiere, fermate i violenti». Risposta del funzionario: «Ma quelli che fanno violenza sono quelli di sinistra». C´è un´insurrezione del drappello: «Di sinistra? Con le svastiche?». La professoressa coi capelli bianchi esibisce un grande crocifisso che porta al collo: «Io sono cattolica. Insegno da 32 anni e non ho mai visto un´azione di violenza da parte dei miei studenti. C´è gente con le spranghe che picchia ragazzi indifesi. Che c´entra se sono di destra o di sinistra? È un reato e voi dovete intervenire».

Il funzionario nel frattempo ha adocchiato una telecamera e il taccuino: «Io non ho mai detto: quelli sono di sinistra». Monica, studentessa di Roma Tre: «Ma l´hanno appena sentito tutti! Chi crede d´essere, Berlusconi?». «Lo vede come rispondono?» mi dice Laura, di Economia. «Vogliono fare passare l´equazione studenti uguali facinorosi di sinistra». La professoressa si chiama Rosa Raciti, insegna al liceo artistico De Chirico, è angosciata: «Mi sento responsabile. Non volevo venire, poi gli studenti mi hanno chiesto di accompagnarli. Massì, ho detto scherzando, che voi non sapete nemmeno dov´è il Senato. Mi sembravano una buona cosa, finalmente parlano di problemi seri. Molti non erano mai stati in una manifestazione, mi sembrava un battesimo civile. Altro che civile! Era stato un corteo allegro, pacifico, finché non sono arrivati quelli con i caschi e i bastoni. Sotto gli occhi della polizia. Una cosa da far vomitare. Dovete scriverlo. Anche se, dico la verità, se non l´avessi visto, ma soltanto letto sul giornale, non ci avrei mai creduto».
Alle undici e tre quarti partono altre urla davanti al Senato. Sta uscendo Francesco Cossiga. «È contento, eh?» gli urla in faccia un anziano professore. Lunedì scorso, il presidente emerito aveva dato la linea, in un intervista al Quotidiano Nazionale: «Maroni dovrebbe fare quel che feci io quand´ero ministro dell´Interno (...) Infiltrare il movimento con agenti pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino le città. Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto della polizia. Le forze dell´ordine dovrebbero massacrare i manifestanti senza pietà e mandarli tutti all´ospedale. Picchiare a sangue, tutti, anche i docenti che li fomentano. Magari non gli anziani, ma le maestre ragazzine sì».

È quasi mezzogiorno, una ventina di caschi neri rimane isolata dagli altri, negli scontri. Per riunirsi ai camerati compie un´azione singolare, esce dal lato di piazza Navona, attraversa bastoni alla mano il cordone di polizia, indisturbato, e rientra in piazza da via Agonale. Decido di seguirli ma vengo fermato da un poliziotto. «Lei dove va?». Realizzo di essere sprovvisto di spranga, quindi sospetto. Mentre controlla il tesserino da giornalista, osservo che sono appena passati in venti. La battuta del poliziotto è memorabile: «Non li abbiamo notati».

Dal gruppo dei funzionari parte un segnale. Un poliziotto fa a un altro: «Arrivano quei pezzi di merda di comunisti!». L´altro risponde: «Allora si va in piazza a proteggere i nostri?». «Sì, ma non subito». Passa il vice questore: «Poche chiacchiere, giù le visiere!». Calano le visiere e aspettano. Cinque minuti. Cinque minuti in cui in piazza accade il finimondo. Un gruppo di quattrocento di sinistra, misto di studenti della Sapienza e gente dei centri sociali, irrompe in piazza Navona e si dirige contro il manipolo di Blocco Studentesco, concentrato in fondo alla piazza. Nel percorso prendono le sedie e i tavolini dei bar, che abbassano le saracinesche, e li scagliano contro quelli di destra.

Soltanto a questo punto, dopo cinque minuti di botte, e cinque minuti di scontri non sono pochi, s´affaccia la polizia. Fa cordone intorno ai sessanta di Blocco Studentesco, respinge l´assalto degli studenti di sinistra. Alla fine ferma una quindicina di neofascisti, che stavano riprendendo a sprangare i ragazzi a tiro. Un gruppo di studenti s´avvicina ai poliziotti per chiedere ragione dello strano comportamento. Hanno le braccia alzate, non hanno né caschi né bottiglie. Il primo studente, Stefano, uno dell´Onda di scienze politiche, viene colpito con una manganellata alla nuca (finirà in ospedale) e la pacifica protesta si ritrae.

A mezzogiorno e mezzo sul campo di battaglia sono rimasti due ragazzini con la testa fra le mani, sporche di sangue, sedie sfasciate, un tavolino zoppo e un grande Pinocchio di legno senza più una gamba, preso dalla vetrina di un negozio di giocattoli e usato come arma. Duccio, uno studente di Fisica che ho conosciuto all´occupazione, s´aggira teso alla ricerca del fratello più piccolo. «Mi sa che è finita, oggi è finita. E se non oggi, domani. Hai voglia a organizzare proteste pacifiche, a farti venire idee, le lezioni in piazza, le fiaccolate, i sit in da figli dei fiori. Hai voglia a rifiutare le strumentalizzazioni politiche, a voler ragionare sulle cose concrete. Da stasera ai telegiornali si parlerà soltanto degli incidenti, giorno dopo giorno passerà l´idea che comunque gli studenti vogliono il casino. È il metodo Cossiga. Ci stanno fottendo».

Nel frattempo, dato che come al solito abbiamo fatto una splendida figura a livello internazionale, la Commissione Europea chiede spiegazioni al governo.

Aggiornamento
Qui il video di Maltese che parla in diretta


Un altro video di testimonianze


Altri spezzoni tratti da Anno Zero, Blob e Matrix.

26 ottobre 2008

Brivido, terrore, raccapriccio


La bassezza della situazione politica e sociale del Paese mi obbliga a tornare a scrivere sul blog.

Le affermazioni di Berlusconi riguardo all'intervento delle forze dell'ordine contro studenti e insegnanti mi avevano lasciato a dir poco incredulo. Scemo io e mezza Italia a credergli: "
Mai parlato di polizia nelle scuole e nelle università" ha poi dichiarato. Come al solito non aveva mai detto una cosa del genere/stava scherzando/è stato frainteso (non ha però battuto il suo record personale).
Fin qui tutto male. Ma i politici italiani fanno a gara per essere il peggio del peggio, e infatti ecco che spunta Cossiga con un'intervista agghiacciante:

Presidente Cossiga, pensa che minacciando l’uso della forza pubblica contro gli studenti Berlusconi abbia esagerato?
«Dipende, se ritiene d’essere il presidente del Consiglio di uno Stato forte, no, ha fatto benissimo. Ma poiché l’Italia è uno Stato debole, e all’opposizione non c’è il granitico Pci ma l’evanescente Pd, temo che alle parole non seguiranno i fatti e che quindi Berlusconi farà una figuraccia».

Quali fatti dovrebbero seguire?
«Maroni dovrebbe fare quel che feci io quand’ero ministro dell’Interno».

Ossia?
«In primo luogo, lasciare perdere gli studenti dei licei, perché pensi a cosa succederebbe se un ragazzino rimanesse ucciso o gravemente ferito...».

Gli universitari, invece?

«Lasciarli fare. Ritirare le forze di polizia dalle strade e dalle università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città».

Dopo di che?

«Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri».

Nel senso che...

«Nel senso che le forze dell’ordine non dovrebbero avere pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli e picchiare anche quei docenti che li fomentano».

Anche i docenti?

«Soprattutto i docenti».

Presidente, il suo è un paradosso, no?

«Non dico quelli anziani, certo, ma le maestre ragazzine sì. Si rende conto della gravità di quello che sta succedendo? Ci sono insegnanti che indottrinano i bambini e li portano in piazza: un atteggiamento criminale!».

E lei si rende conto di quel che direbbero in Europa dopo una cura del genere? «In Italia torna il fascismo», direbbero.

«Balle, questa è la ricetta democratica: spegnere la fiamma prima che divampi l’incendio».

Quale incendio?

«Non esagero, credo davvero che il terrorismo tornerà a insanguinare le strade di questo Paese. E non vorrei che ci si dimenticasse che le Brigate rosse non sono nate nelle fabbriche ma nelle università. E che gli slogan che usavano li avevano usati prima di loro il Movimento studentesco e la sinistra sindacale».

E’ dunque possibile che la storia si ripeta?

«Non è possibile, è probabile. Per questo dico: non dimentichiamo che le Br nacquero perché il fuoco non fu spento per tempo».

Il Pd di Veltroni è dalla parte dei manifestanti.

«Mah, guardi, francamente io Veltroni che va in piazza col rischio di prendersi le botte non ce lo vedo. Lo vedo meglio in un club esclusivo di Chicago ad applaudire Obama...».

Non andrà in piazza con un bastone, certo, ma politicamente...

«Politicamente, sta facendo lo stesso errore che fece il Pci all’inizio della contestazione: fece da sponda al movimento illudendosi di controllarlo, ma quando, com’era logico, nel mirino finirono anche loro cambiarono radicalmente registro. La cosiddetta linea della fermezza applicata da Andreotti, da Zaccagnini e da me, era stato Berlinguer a volerla... Ma oggi c’è il Pd, un ectoplasma guidato da un ectoplasma. Ed è anche per questo che Berlusconi farebbe bene ad essere più prudente»

Fonte: Andrea Cangini, Quotidiano Nazionale